Parliamoci chiaro, tutti quanti vorremmo riuscire ad avere una maggiore certezza quando ci troviamo davanti ad un investimento che coinvolge i nostri personali risparmi, eppure al giorno d’oggi, è praticamente impossibile avere a che fare con un investimento, a prescindere da quale esso sia, ed essere certi che possa essere sicuro. Quello che è possibile fare è trovare il rischio.
Da qui si arriva al concetto di valore a rischio, conosciuto anche con il nome di Value at Risk, si tratta di una vera e propria metrica finanziaria che si usa per potere misurare quello che è l’ammontare finale di una potenziale perdita rispetto ad un investimento che si porta avanti per un certo periodo di tempo. Insomma, un aiuto di non poco conto.
Per capirci ancora meglio, con il valore a rischio è possibile controllare quello che è il livello di esposizione verso il rischio stesso, riuscendo anche a mettere sul piatto quelle che sono delle statistiche attendibili circa la possibilità di perdere una certa cifra.
Possiamo provare ad essere più chiari grazie ad un esempio: se si dice che il VaR del 2% mensile riesce ad avere un valore di confidenza del 99%, alla fine dei conti si vuole spiegare come nel 99% dei casi sarà davvero impossibile perdere in un solo mese più del 2%.
“Il Value at Risk viene utilizzato per misurare e controllare il livello complessivo di esposizione al rischio. Quando disponibile, gli investitori possono usarlo anche per prendere decisioni d’investimento migliori e sviluppare una pianificazione finanziaria più consapevole ed efficace” spiegano gli esperti del settore.
A questo punto, una volta capito di che cosa stiamo parlando, possiamo entrare nel dettaglio della questione e sottolineare come una delle metriche più conosciute e decisamente più importanti per potere valutare il rischio è la volatilità: fattore che di fatto si concentra sull’incertezza. Una cosa certa è che la cosa che preoccupa di più gli investitori è sempre la probabilità di potere perdere del denaro, principio cardine del valore a rischio.
Per capirci meglio, riuscendo a determinare quello che è il potenziale di una perdita e la probabilità che la cosa possa verificarsi, con il calcolo del valore a rischio si riesce a controllare o per lo meno a vedere lo scenario peggiore che può portare un investimento.
Quindi, nel momento in cui prendiamo in considerazione il calcolo del valore a rischio, le variabili di cui tenere conto sono:
• L’importo finale della perdita di valore o percentuale;
• Il periodo di tempo più o meno lungo in cui di fatto si deve valutare il rischio;
• E poi la stima anche solo presunta dei dati che sono stati osservati.
Per cui, quando ci troviamo davanti a questa definizione non possiamo fare altro che tenere conto che si tratta di una condizione necessaria per potere calcolare tutte le eventuali perdite di un determinato investimento. Il valore a rischio è molto utilizzato dagli investitori con l’unico obiettivo finale di potersi proteggere dal peggio.
Arrivati a questo punto, possiamo approfondire ancora di più il discorso cercando di scoprire quale sia, in effetti, il metodo migliore per potere calcolare il valore a rischio.
I modelli di calcolo al momento presenti sono davvero tantissimi e si sono sviluppati proprio per via del forte bisogno di potere misurare la perdita relativa ai propri investimenti finanziari. Da prendere in considerazione sono almeno sei:
• Delta risk: si concentra sulla sensibilità delle variazioni sul prezzo di un determinato asset.
• Gamma risk: parla di un tasso di variazione del delta rispetto al movimento di un punto sul prezzo dell’asset sottostante.
• Vega Risk che poi è il rischio di volatilità: è strettamente collegato alla variazione di volatilità di una determinata attività
• Decay risk, si riferisce invece al rischio connesso al trascorrere del tempo
• Base risk, ovvero il rischio di correlazione, si riferisce alle variazioni di un prezzo di un determinato strumento di hedging.
• Rate risk che invece è il rischio Rho, sta ad indicare il cambiamento delle sensibilità rispetto le variazioni dei tassi di interesse che poi hanno a che fare con la maggior parte degli strumenti finanziari.
Adesso, compreso con assoluta certezza il fatto che il rischio, quando si entra in questo settore, può essere considerato quasi scontato e che dipende da vari fattori, è il caso di comprendere quali sono i metodi per poterlo calcolare.
Per cominciare, ne citiamo tre e ne approfondiamo anche le caratteristiche:
Simulazione storica: in questo caso parliamo di quella che si può considerare il modo più semplice per trovare il value of risk. E’ un metodo che riesce a organizzare in modo semplice quelli che sono i rendimenti storici effettivi, riuscendoli ad ordinare dal peggiore al migliore. Per capirci meglio, dal punto di vista del rischio riesce a capire che di sicuro ricapiterà.
Metodo varianza-covarianza: questo secondo metodo è conosciuto anche con il nome di approccio parametrico, ma come funzione? Fa in modo che profitti e perdite possano essere distribuiti in modo completamente uniforme, quindi con questo sistema sarà possibile avere una panoramica di quello che sarà il rendimento più probabile per ogni attività. Ovviamente ci sono degli svantaggi, come quello di non tenere conto dell’incidenza di fattori esterni. Insomma, alla fine potrebbe risultare meno realistico.
Simulazione Monte Carlo: questo è un approccio non parametrico che serve per potere prevedere quello che è lo sviluppo dei rendimenti futuri riguardo al prezzo delle azioni, ma non è tutto serve anche per potere fare delle simulazioni sulla base delle reazioni del portafoglio.
“Il valore a rischio viene calcolato creando in modo casuale una serie di scenari con tassi futuri, utilizzando modelli di pricing non lineari, per stimare la variazione di valore in ogni scenario” confermano gli esperti e ancora: “È un modello flessibile, perché permette di calcolare il VaR in base alle probabilità che si verifichino le peggiori perdite, rivelandone anche l’impatto”.
Ovviamente è giusto sottolineare come ognuno di questi approcci poco prima citati ha i suoi calcoli e i suoi presupposti e quindi anche i suoi vantaggi e svantaggi che hanno sempre a che fare con argomenti come: velocità di calcolo, applicabilità, complessità e cosi via.
Valore a rischio: quali sono i vantaggi e le limitazioni di cui tenere conto?
Proprio su questo particolare ci concentriamo adesso, quali sono i vantaggi riguardo al valore di rischio? Ebbene ne citiamo in particolare tre:
Misura quantitativa: il Var riesce a fornire una stima delle perdite potenziali, riuscendo cosi a portare avanti una valutazione e anche un confronto preciso rispetto al rischio.
Semplicità: il var offre una misura semplice e anche molto facile rispetto alla comprensione del rischio di investimento, facendo cosi in modo che la cosa sia di facile accesso a molti utenti.
Flessibilità: il var può anche essere applicato su una grande varietà di portafogli di investimento ma anche di classi di attività, facendo in modo che possa essere considerato uno strumento versatile per valutare il rischio.
Per quello che riguarda i limiti invece:
Assunzione di normalità: fare i calcoli relativi al var suppone che i rendimenti possano seguire una distribuzione normale e quindi non tenere conto di eventi sul mercato particolari o estremi, che invece possono accadere.
Limitazioni di dati storici: il var si basa sempre su dati storici, gli stessi che possono poi fare capire quali potrebbero essere le eventuali perdite. Ebbene, in caso di mercato rapido, questi dati storici potrebbero non riportare gli effettivi rischi del futuro.
Dipendenza da correlazione: il var parte sempre dal presupposto che i rendimenti delle attività possano essere indipendenti o che possano essere messi in correlazione con qualcosa di conosciuto, ma in realtà le correlazioni possono sempre cambiare specialmente quando ci si trova davanti a dei momenti di stress per il mercato.
Ovviamente anche se ci sono delle limitazione, la valutazione di rischio resta sempre uno strumento importante e prezioso di cui tenere conto.
Arrivati a questa conclusione, adesso possiamo capire bene che cosa vuol dire comprendere il valore a rischio. Poterlo capire e comprendere è importante specialmente quando si ha a che fare con la previsione del rischio di credito. Il var di fatto può essere considerato come una misura statistica da utilizzare per potere stimare quella che sarà una potenziale perdita del valore di un investimento, anche futuro o di un portafoglio basato su un orizzonte specifico dal punto di vista temporale.
E non finisce qua, il valore a rischio ha anche la capacità di potere fornire tante informazioni rispetto al rischio di ribasso, aiutando di fatto anche gli istituti finanziari a potere valutare e quindi gestire quella che può essere la loro esposizione verso un credito.
Adesso, ci spostiamo verso qualcosa di ancora più particolare, ponendoci una domanda importante: che cos’è il valore a rischio in finanza e quale sono i rapporti con questo concetto e le banche?
Per quello che riguarda il primo punto, il valore a rischio è uno strumento fondamentale molto spesso usato in finanza, lo si usa per potere stimare quello che è il potenziale rischio rispetto al mercato o ad un investimento. Si tratta di uno strumento che di fatto tiene conto di tanti rischi, come quello: di credito, di liquidità e quello operativo. Insomma, per riassumere il var riesce a potere calcolare quella che è la massima perdita potenziale che chi lavora nella finanza può subire anche in diversi momenti del suo lavoro.
Passando invece al rapporto tra var e banche: la cosa importante da tenere a mente è sempre in base al var che tutte le autorità di vigilanza possono scoprire quella che è la quantità di capitale anche minimo che una banca deve sempre avere con se per potere fare fronte ad una eventuale perdita, evitando quindi di trovarsi poi esposti in un secondo momento. Gli esperti del settore spiegano: “Una banca può utilizzare quelli definiti al proprio interno (a patto che siano validati dalle autorità di vigilanza) oppure quelli indicati direttamente dalle normative di settore, che nel caso degli istituti europei fanno riferimento al quadro di Basilea III”.
Capito questo, è giusto adesso anche parlare del concetto di var nel 2024, scoprendo quelli che sono di fatto i nuovi trend e le nuove metodologie. Infatti qualcosa è cambiato specialmente a seguito dell’evoluzione dei mercati finanziari, un dettaglio non da poco che ha portato come conseguenza anche il cambiamento degli approcci su le eventuali nuove valutazioni del rischio.
Chi è esperto del settore non ha dubbi nel notare che in questo 2024 si è notata una tendenza ad integrare l’intelligenza artificiale anche nell’apprendimento dei calcoli relativi al var, riuscendo di conseguenza a offrire delle valutazioni di rischio decisamente più precisi rispetto al passato. Ora resta da capire se questo nuovo sistema, che sembra sempre più vicino a prendere piede, possa alla lunga davvero rivelarsi attendibile come sembra, se non addirittura migliore rispetto a prima.